Anomalia o fenomeno naturale?
di Francesco Grassi
Quando si parla di "cerchi nel grano" (in inglese crop circles[1]), molte discussioni imbastite dagli esperti si basano sostanzialmente su un assunto: "Nonostante siano note numerosissime formazioni realizzate da uomini, esistono comunque formazioni 'genuine' in cui non è coinvolta l'abilità umana. Questo è il vero fenomeno che deve essere studiato".
Approfondendo però la questione, è possibile rendersi conto del fatto che nessuno abbia mai proposto un criterio definitivo per capire se, una volta giunti all'interno di una nuova formazione, questa si possa attribuire inequivocabilmente all'opera umana o meno.
Quando si cominciò a documentare il fenomeno ai suoi inizi, i maggiori esperti sostenevano che i crop circles non potevano essere opera dell'uomo perché "...sarebbe stato impossibile per degli uomini muoversi nel grano senza lasciare tracce del proprio passaggio".
In realtà nei campi si possono (e si potevano!) notare dei sentieri rettilinei, senza spighe, lasciati dal passaggio dei trattori durante la semina (in inglese tramlines). Sfruttando questi sentieri si può arrivare tranquillamente all'interno dei campi senza lasciare tracce. La cosa sorprendente è che gli stessi esperti suggerivano sempre ai curiosi di seguire questi sentieri per non rovinare le formazioni!
Oggi siamo a conoscenza di parecchie formazioni palesemente realizzate dall'uomo in cui non ci sono tracce evidenti di passaggio umano, come continuare quindi a sostenere la presenza di un intervento "non umano" nei campi?
A partire dai primi anni novanta fa la sua comparsa il concetto di "anomalia" che storicamente prende il posto dell'argomentazione relativa alla "mancanza di tracce umane di ingresso al campo" oggi non più citata da nessuno.
Mosche morte: l'anomalia probante?
Il 3 giugno del 2002 giunge una e-mail alla redazione del CICAP firmata da "Osservatori quasi anonimi" con il seguente messaggio: "Egregi signori, Ci domandiamo con che coraggio paragoniate il vostro sgorbio di cerchio (o anche quelli EVIDENTEMENTE effettuati da contraffattori) con la perfezione, le mosche morte le mutazioni nella germinazione e molto altro ancora degli originali. [...]" Gli "Osservatori quasi anonimi", da quanto scrivono, sembrano saper distinguere inequivocabilmente i crop circles "genuini" da quelli realizzati dagli uomini.
Il primo criterio che invocano è la "perfezione" mettendolo in contrapposizione alla "imperfezione" della formazione realizzata dal CICAP documentata in un articolo apparso sulla rivista Focus del luglio 1999; il secondo criterio invocato è rappresentato dalle "mosche morte". Vengono inoltre citate "mutazioni della germinazione" e altri criteri che distinguerebbero i crop circles contraffatti da quelli originali.
La bizzarra citazione alle mosche morte non può che attirare l'attenzione ed è facile intuire che questa caratteristica debba essere inquadrata come "anomalia", segno probabilmente distintivo della presenza di un intervento di qualcosa di misterioso che agisce nei campi, appiattisce gli steli e in maniera collaterale è in grado di uccidere le mosche. Sarebbe quindi quella delle mosche morte l'anomalia probante?
La prima fonte
"Il 17 luglio 1998, la ricercatrice olandese Janet Ossebaard si trovò di fronte a un nuovo mistero collegato ai cerchi nel grano: numerose mosche morte erano attaccate ai semi delle piante di grano che si trovavano all'interno di un cerchio. [...] Gli insetti avevano il rostro saldamente attaccato alle spighe, e le zampe e le ali completamente distese come in preda a uno spasmo. [...] Alcune mosche erano letteralmente esplose: zampe, parti del corpo, ali e teste erano sparse sulle spighe [...]. Altre mosche si trovavano comunque in perfetto stato e davano l'impressione che potessero volare via da un momento all'altro. Un controllo più approfondito rivelò tuttavia che la maggior parte di loro era indubbiamente morta. Alcune di queste sebbene attaccate alle spighe proprio come le altre, erano ancora vive ma pesantemente tramortite. Dopo essere state liberate dalle piante si ripresero e volarono via passati pochi minuti. Sorpresa da ciò che aveva scoperto, Janet raccolse alcuni degli insetti morti e li inviò a un esperto del Museo di Storia Naturale di Londra. Egli sospettò inizialmente che la morte degli insetti fosse da imputarsi agli effetti di un fungo (Entomophtora muscae) ma dopo studi più approfonditi questa causa fu esclusa. Un fenomeno del genere non si era mai visto prima, e non si poté formulare nessuna soluzione soddisfacente."
Questo è quanto riporta Eltjo Haselhoff, dottore in Fisica teorica e sperimentale, nel suo libro La natura complessa dei cerchi nel grano (Natrix Edition) al paragrafo dal titolo "L'enigma delle mosche morte".
Effettivamente la testimonianza di Janet Ossebaard è abbastanza inquietante, sembrerebbe che delle energie misteriose uccidano e facciano esplodere le mosche durante la creazione dei crop circles. Haselhoff però non riporta nel libro la foto del - così egli scrive - "cerchio" (forse gli "Osservatori quasi anonimi" aggiungerebbero anche l'aggettivo "perfetto") delle mosche morte, né riporta la località in cui sarebbe apparso questo "cerchio" ed è con queste stranissime premesse che la mia indagine ha ufficialmente inizio.
Bellezza e perfezione implicano "genuinità"?
Una prima ricerca mi porta ad identificare l'articolo originale scritto da Janet Ossebaard[2] dal titolo: "The Dead Flies Mystery". Nell'articolo è possibile leggere il resoconto originale e osservare (con grande stupore) il "cerchio perfetto" in cui questa bizzarra anomalia è stata documentata. La località della formazione è Cherhill nello Wiltshire in Inghilterra e la seguente figura mostra l'immagine che è possibile vedere all'indirizzo internet: http://home.clara.net/lucypringle/photos/1998/uk98cm.html
Deduco che evidentemente non tutti i ricercatori esperti sui crop circles concordano con le esternazioni inviate dagli "Osservatori quasi anonimi" al CICAP, infatti in questo caso lo "sgorbio" è proprio il cerchio delle mosche morte, ed è altresì chiaro che gli "Osservatori quasi anonimi" non avevano mai osservato la "perfezione" di questa formazione da loro ritenuta evidentemente genuina, altrimenti non avrebbero commesso tale gaffe. La letteratura sui crop circles sembra inoltre non riportare dei casi precedenti su mosche morte documentati nella maniera dettagliata come nella descrizione di Janet Ossebaard e decido comunque di proseguire l'indagine. Che pista seguire?
Unico indizio: Entomophthora muscae
Riprendendo il paragrafo del libro di Haselhoff decido di esplorare l'unica pista a mia disposizione, e cioè la misteriosa citazione al fungo Entomophthora muscae. Che cosa sono i funghi? Per non complicare troppo le cose si può dire che i funghi sono organismi sicuramente più complessi dei batteri, assimilabili alle piante ma che al contrario delle piante non sono in grado di sintetizzare la clorofilla e pertanto devono procurarsi il nutrimento da altre forme di vita.
Solitamente quindi i funghi si cibano di organismi morti, ma talvolta attaccano e distruggono organismi ancora vivi. I funghi sono stati classificati durante il loro studio in diverse specie, e risale al 1855 l'identificazione della prima specie di fungo in grado di attaccare e distruggere mosche domestiche vive e altre specie di mosche, il suo nome è: Entomophthora muscae.
Tutti i funghi definiti come entomophthora hanno la caratteristica comune di distruggere gli insetti che attaccano, infatti la parola entomophthora deriva dalla composizione di due parole greche: éntomon (insetto) [da éntomon (zôion), propriamente "(animale) tagliato all'interno" (entémnein "intagliare"), cioè "dal corpo diviso in segmenti"] e phtora (distruzione) [da phteiro, distruggere].
Ma come si comporta esattamente il fungo Entomophthora muscae nei confronti delle mosche?
Altre testimonianze di mosche morte misteriosamente
Tramite internet mi è stato possibile trovare testimonianze di altre persone che si sono imbattute in mosche morte in modo misterioso, e che hanno riportato la loro perplessità in rete; ecco la prima.
Darin Burleigh il 14 Agosto del 1997 invia una comunicazione dal titolo "Mosche incollate su foglie" ("Flies stuck on leaves") al newsgroup sci.bio.entomology.misc: "Mi sono imbattuto l'altro giorno in un fenomeno molto curioso, nella riserva forestale Kishwaukee, Winnebage County, IL (vicino Rockford). Centinaia di mosche (assomiglianti ad api, e di cui non conosco la specie) erano incollate ai bordi delle foglie. Completamente incollate. Come se si fossero tutte posate intorno e immediatamente fossero state incollate lì. Erano tutte morte. Alcune di loro erano incollate in gruppi".
Una delle risposte giunge da parte di Kathie T. Hodge il 17 Agosto 1997: "Sembra un'infezione epizootica da fungo, molto probabilmente causata da Entomophthora muscae oppure da un fungo affine. Causa spesso eventi mortali abbastanza spettacolari come quello che tu descrivi. L' Entomophthora muscae infetta le mosche quando le spore si posano su di esse, quindi germinano e crescono attraverso la cuticola. Il fungo quindi prolifera all'interno della mosca, sostanzialmente divorandola dall'interno. Le mosche infette spesso si portano in posizione elevata prima di morire e rimangono incollate [tramite il rostro, NdA.] dalla fuoriuscita del fungo. Si pensa per facilitare la dispersione del fungo, il quale produce spore che vengono espulse con forza. Le strutture che producono le spore emergono dai segmenti addominali dopo la morte, "sparano" le loro spore, e quindi collassano in maniera tale che nei campioni più vecchi è qualche volta difficile vedere l'evidenza del fungo, e le mosche morte sembrano stranamente normali, tranne per il fatto che sono morte e incollate sul loro substrato! [...]"
La seconda testimonianza che riporto è di Jim Ogilvie che il 18 Novembre del 1994 invia una comunicazione dal titolo "Mosche domestiche" ("House flys") al newsgroup sci.bio.entomology.lepidoptera: "[...] Ho notato che in inverno si trovano molte mosche morte intorno alla casa. Sembrano essersi posate, morte e incollate lì. Quando muoiono su una finestra si vede sempre uno spruzzo di 'materiale' sul vetro sotto la mosca. Sembra che dopo la morte della mosca, la sua forza vitale l'abbia lasciata e si sia spiaccicata sul vetro. Ma che succede?"
Fra le varie risposte che Jim riceve, leggiamo attentamente quella inviata da Stuart Krasnoff il 21 Novembre 1994: "La tua è la descrizione di mosche morte a causa di un'infezione da Entomophthora muscae. La mosca si infetta quando una spora del fungo viene a contatto con il suo corpo. Il fungo penetra nell'addome della mosca, prolifera all'interno della mosca, e, subito dopo la morte della mosca, fuoriesce dall'insetto morto producendo spore che vengono espulse a "doccia" e il cui risultato è l'alone bianco che vedi intorno all'insetto morto sul vetro della finestra. Tipicamente la mosca muore in una posizione elevata incollata con il suo rostro al substrato su cui si posa, con le zampe ben distese, le ali sollevate e l'addome inclinato verso l'alto".
Il puzzle cominciare a prendere forma, ma a questo punto è il caso di addentrarsi in maniera più rigorosa nello studio di questo misterioso fungo che risponde al nome di Entomophthora muscae.
Entomophthora muscae: fasi e dettagli
L'evoluzione dell'attacco da Entomophthora muscae è stato suddiviso dagli entomologi in sei fasi ben definite[3]:
Fase dell'infezione
L'infezione avviene attraverso i tegumenti dell'insetto, cioè in maniera sottocutanea. Un conidio (cioè una cellula che si stacca dal corpo vegetativo del fungo per dare origine a un nuovo individuo) a contatto con la cuticola dell'insetto germina e perfora la cuticola stessa attraverso un'azione enzimatica.
Fase lipolitica e sviluppo localizzato (relativamente al punto di infezione) nel grasso del corpo dell'ospite.
Dopo la penetrazione nell'organismo ospite il fungo dapprima cresce lentamente e non si diffonde nel corpo dell'insetto. Durante questa fase il fungo secerne lipasi molto attive che digeriscono i grassi della mosca.
Colonizzazione del corpo dell'ospite attraverso la generalizzazione dell'infezione
Il fungo si diffonde molto rapidamente nel corpo dell'ospite a causa della rapida proliferazione di numerose ife (filamenti, unicellulari o pluricellulari, che compongono il corpo dei funghi superiori). Come risultato, il fungo penetra in tutte le parti del corpo (addome, torace, e testa) indipendentemente dal sito dell'infezione. Durante questa fase il fungo utilizza i nutrienti che erano stati accumulati durante la fase precedente senza digerire i tessuti dell'ospite.
Fase proteolitica
Dopo la colonizzazione dell'intero corpo dell'ospite o almeno del suo addome, il fungo secerne enzimi proteolitici molto attivi; penetra nei muscoli e negli altri tessuti dell'insetto e rapidamente distrugge l'intero contenuto del suo corpo. Alla fine di questa fase, i contenuti del corpo dell'ospite sono trasformati in un fluido bianco-latte, una sospensione di particelle di grassi e ife del fungo. In questa fase il corpo dell'insetto infetto è come un sacchetto dalle pareti sottili pieno di liquido, quindi soffice e molle.
Mummificazione del corpo dell'ospite
Dopo la fase proteolitica, i corpi ifali del fungo in sospensione nel fluido del corpo dell'ospite rapidamente assorbono il liquido che li circonda e crescono velocemente fino a formare un reticolato spugnoso. La consistenza del corpo cambia da molle a rigida. Alla fine di questa fase le parti infette del corpo dell'ospite si rigonfiano fortemente a causa della pressione della massa del micelio del parassita; ogni parte dell'insetto si estende e si espande.
Sporulazione
Questa fase termina con la perforazione dei tegumenti e la fuoriuscita delle ife del fungo, le quali crescono esternamente fino ad arrivare all'esplosione finale delle spore che finiscono per formare uno "spruzzo", un alone di "materiale biancastro" sul substrato sul quale la mosca era morta.
Le mosche infette da Entomophthora muscae tipicamente muoiono in posizioni elevate, con il rostro esteso e incollato al substrato, le zampe distese, l'addome inclinato rispetto al substrato e le ali ben sollevate al di sopra della linea del torace. Questa particolare posizione favorisce due atteggiamenti nelle mosche non ancora infette, dal momento che la mosca morta sembra che si stia cibando o che voglia copulare.
Pertanto le mosche non infette si avvicinano alla mosca morta e si infettano a loro volta perché sono attratte dal cibo o perché sono attirate sessualmente. Un ulteriore particolare interessante è che gli insetti non ancora morti sono facilmente catturabili e se liberati dal substrato e sottoposti a stimoli riescono ancora ad effettuare qualche azione tipica della loro specie, come "volare" nel caso si tratti di mosche o ad esempio "saltare" nel caso si tratti di locuste. I ricercatori Krasnoff, Watson e Gibson del dipartimento di entomologia della "Cornell University" di Ithaca (NY) hanno inoltre videoregistrato e analizzato il comportamento delle mosche prima e dopo l'istante della morte, evidenziando quattro eventi caratteristici[4]:
ultimo movimento locomotorio
ultima estensione del rostro verso il substrato
inizio del movimento delle ali verso l'alto
fine del movimento delle ali verso l'alto.
Questa analisi ha mostrato che la sequenza è cronologicamente ben definita e fortemente stereotipata. Il tempo medio tra l'ultimo movimento locomotorio e la fine del movimento delle ali verso l'alto è di 85 minuti, il tempo medio tra l'inizio del movimento delle ali verso l'alto e la fine del movimento delle ali verso l'alto è di 15 minuti.
Un clamoroso colpo di scena
La fortuna aiuta gli audaci, si sa, e - aggiungerei io - aiuta soprattutto chi ha gli occhi giusti per guardare quello che osserva. Al ritorno dalle vacanze natalizie (gennaio 2003) con mio grandissimo stupore ho trovato una mosca morta attaccata all'interno dell'anta della porta-finestra della camera da letto. La mosca aveva il rostro incollato, le ali distese e "qualcosa" dal colore biancastro che fuoriusciva dall'addome, in pratica tutti i sintomi di una morte da Entomophthora muscae.
Grazie al prezioso aiuto di Marco Morocutti, Progettista elettronico e socio effettivo del CICAP, ho provveduto a documentare il ritrovamento con diverse foto di dettaglio in cui è possibile vedere chiaramente il rostro della mosca proteso e incollato all'anta tramite particelle del fungo, il corpo e le ali disposte come da manuale e il fungo che fuoriesce dall'addome.
Ho staccato la mosca dal substrato e l'ho posizionata in un contenitore sterile portandola al dipartimento di micologia dell'Università di Pavia per un'analisi più approfondita; degli esiti racconterò più avanti.
Contatti con Janet Ossebaard e Bert Janssen
A questo punto dell'indagine ho contattato direttamente Janet Ossebaard, la più importante testimone della vicenda, per chiederle esplicitamente gli esiti di laboratorio, citati da Haselhoff nel suo libro, in cui si sarebbe esclusa l' Entomophthora muscae come causa naturale per la morte delle mosche. Janet mi ha risposto molto gentilmente comunicandomi che i referti non erano in suo possesso, ma che dovevano essere fra il materiale lasciato al collega Bert Janssen, anch'egli ricercatore sui crop circles. Janet mi ha comunque inviato le fotografie che aveva scattato nel 1998 e in particolare una di esse si è rivelata particolarmente interessante.
Ho contattato quindi Bert Janssen. Anch'egli mi ha risposto gentilmente, riferendomi che effettivamente i referti erano in suo possesso ma purtroppo stipati in qualche pacco dell'ultimo trasloco e quindi non facilmente reperibili.
Ho chiesto quindi a Bert se gli fosse possibile citare a memoria che cosa fosse scritto nel referto del laboratorio britannico, e la risposta è stata sostanzialmente questa: "le mosche erano parzialmente coperte da un qualche tipo di sostanza bianca che indicò che la causa della morte fosse un fungo. Ma la sostanza bianca fece anche sospettare una morte da pesticida. Risultò che nessuna di queste due cause fu responsabile della morte delle mosche.
Non furono trovati resti di pesticida e se le mosche fossero state uccise da un fungo, si sarebbe dovuto trovare un qualche indicatore che in realtà era mancante e pertanto la loro morte non poteva essere addebitata al fungo". È interessante quindi scoprire che "le mosche erano parzialmente coperte da un qualche tipo di sostanza bianca" poiché questo particolare, a mio avviso cruciale, da nessuna parte era comparso prima, ed è altresì interessante scoprire che mancasse, secondo la testimonianza di Bert, l'indicatore del fungo.
L'indicatore mancante e la foto probante
Ho lasciato indietro la questione degli esiti micologici della mosca da me ritrovata e lasciata da analizzare, poiché questi esiti hanno rappresentato un ulteriore colpo di scena in questa vicenda.
Ma in che cosa consistono queste analisi? L'obiettivo è eseguire una coltura "in vitro" del fungo che fuoriesce dall'addome dell'insetto, raccogliendo così un campione del fungo stesso e depositandolo su un terreno di coltura. Si attende la crescita del fungo e si analizza al microscopio il risultato; quello che ci si aspetta è quindi la crescita dell' Entomophthora muscae, cioè l' indicatore atteso per usare la terminologia di Bert.
Dunque, le analisi durate ben più di due mesi sulla mosca da me ritrovata hanno evidenziato solo due funghi specifici: Alternaria e Cladosporium. Ma nessuna traccia di Entomophthora muscae, come è possibile ciò?
Mi è stato spiegato che una volta morta la mosca a causa del fungo Entomophthora muscae, quest'ultima può essere colonizzata da altri funghi che normalmente non sono in grado di attaccare insetti vivi. In questo tipo di circostanze quindi l' Entomophthora muscae può non manifestarsi così facilmente "in vitro" (a questo va aggiunto inoltre che è un fungo particolarmente difficile da coltivare "in vitro"). Anche nel mio caso quindi l'indicatore atteso è risultato mancante, ma ciò non ha portato a trarre alcuna conclusione misteriosa; semplicemente il fungo Entomophthora muscae non si è manifestato in coltura ma è sicuramente stato la causa della morte di quella mosca essendo presenti tutti i sintomi legati alla sua infezione.
Ad ogni modo il tentativo di ottenere delle colture di Entomophthora muscae non si è interrotto e proseguirà ancora. L'infezione è anche ben evidente in una delle foto inviatemi da Janet in cui è possibile notare chiaramente l'addome della mosca rigonfio e striato a causa del fungo.
Ad uno sguardo più attento è poi possibile percepire che le mosche fotografate da Janet non sono "mosche domestiche". Una ricerca più approfondita mi ha consentito inoltre di ricostruire che le mosche in questione dovrebbero appartenere alla grande famiglia delle Anthomyiidae, le cui larve attaccano semi o radici creando potenziali danni per l'agricoltura. Su internet è possibile trovare numerosi riferimenti in cui si cerca di tranquillizzare giardinieri e agricoltori che si allarmano quando trovano questo tipo di mosche con il rostro attaccato agli steli dal momento che sembrano danneggiare la pianta perché "intente" a nutrirsi della linfa.
Sbatti la mosca nel microonde
Ad una lettura attenta dell'opera di Haselhoff, è possibile cogliere che egli ha un certo interesse nel riportare nel proprio libro il ritrovamento di Janet anche e soprattutto perché la presunta "esplosione delle mosche" è importante per supportare l'obiettivo verso cui egli vuole condurre il lettore, e cioè che BOL ("Balls Of Light" ovvero "Sfere di Luce") siano all'opera sui campi mentre avverrebbe la formazione dei crop circles "genuini"; egli è altresì convinto che le BOL irraggino gli steli producendo allungamenti "anomali" nei nodi degli steli e "cavità di espulsione".
Le "cavità di espulsione" sarebbero rappresentate da fori in corrispondenza dei nodi, come se lì fosse avvenuta una piccola esplosione (ecco l'analogia con le mosche esplose) a seguito di un forte e repentino riscaldamento delle spighe dovuto all'irraggiamento della BOL. Haselhoff in realtà nei suoi studi riprende i dati e gli studi del biofisico William C. Levengood secondo il quale invece tutti questi fenomeni dipenderebbero solo da microonde originatesi questa volta da altrettanto misteriosi e immaginari "vortici di plasma".
Haselhoff però non è così determinato come Levengood nel parlare esclusivamente di microonde, lasciando quindi aperta la porta della presunta emissione di onde elettromagnetiche a tutto lo spettro di frequenze possibile. Ad ogni modo tutto questo ha contribuito a far entrare nell'immaginario collettivo il concetto che "onde elettromagnetiche generiche", o microonde siano coinvolte durante la formazione dei crop circles.
Per verificare quindi se le microonde possano far esplodere le mosche, ho effettuato una sperimentazione pratica. Ho catturato diverse mosche e ho posizionato ciascuna mosca all'interno di piccoli recipienti di vetro con tappo realizzato tramite plastica sottile per alimenti.
Facendo uso del mio forno a microonde "Whirlpool MT263" ho impostato una potenza di 650 Watt e un tempo massimo di irradiazione di 40 secondi con piatto rotante. Ogni 10 secondi ho effettuato un controllo per verificare lo stato della mosca. Le conclusioni sono assolutamente chiare e ripetibili:
- la morte avviene solitamente nei primi 20 secondi
- le mosche non esplodono
- il rostro non si allunga e né si incolla
- le ali non si sollevano
Le mosche quindi non esplodono come pop-corn all'interno dei forni a microonde ma nel frattempo la leggenda si è già tramutata, le mosche sono diventate più genericamente "insetti" (lo riporta nella prefazione dello stesso libro di Haselhoff anche il sociologo Roberto Pinotti) e l'esplosione in alcuni casi è addirittura diventata "implosione".
Conclusioni
Al momento della stesura di questo articolo è quasi trascorso un anno dall'inizio dell'indagine, e benché già solo dopo qualche settimana, avendo studiato il trattato sull' Entomophthora muscae[3] mi fosse perfettamente chiara la causa più plausibile della morte delle mosche della formazione di Cherhill del Luglio 1998, ho dovuto seguire ancora diverse strade per completare l'intero puzzle della vicenda.
Il mondo del paranormale, dell'ufologia, e di chi scrive di argomenti come i crop circles è costantemente infarcito di "ipotesi di lavoro", condizionali e congiuntivi che lasciano sempre aperta la porta al mistero.
Contrariamente al numero di articoli e argomenti presentati, ben di rado è possibile leggere lavori che scavino sufficientemente in profondità e che vadano oltre i classici pochi ingredienti che riescono immancabilmente a sedurre il lettore già ben predisposto al mistero fine a sé stesso oppure alternativamente alla spiegazione di un mistero con un nuovo mistero.
Con questa mia indagine, invece, ho cercato di scandagliare il più possibile in profondità un argomento ben specifico con un obiettivo ben preciso, e cioè fare maggiore chiarezza possibile. Spero di essere riuscito a trasmettere correttamente lo spirito e i risultati di questa mia indagine. Sarebbe interessante dedicare dello spazio alle considerazioni critiche sui risultati ottenuti, sul metodo e sui tempi con cui sono stati ottenuti ma forse è più opportuno lasciare tutto questo all'intelligenza del lettore.
di Francesco Grassi
Ho scritto questo articolo ormai qualche anno fa, ma trovo interessante riproporlo nel mio blog perchè ancora oggi è facile trovare, soprattutto su web, chi continua a propagare questa leggenda urbana sui cerchi nel grano.
Consiglio inoltre al lettore di non trascurare la lettura di questo secondo approfondimento sulle mosche morte.
L'articolo a seguire, oltre ad essere stato pubblicato nel volume contenente gli atti del VII e VIII Convegno Nazionale del CICAP (Reggio Emilia 2001 - Torino 2003), è da tempo online qui sul sito del CICAP.
Quando si parla di "cerchi nel grano" (in inglese crop circles[1]), molte discussioni imbastite dagli esperti si basano sostanzialmente su un assunto: "Nonostante siano note numerosissime formazioni realizzate da uomini, esistono comunque formazioni 'genuine' in cui non è coinvolta l'abilità umana. Questo è il vero fenomeno che deve essere studiato".
Approfondendo però la questione, è possibile rendersi conto del fatto che nessuno abbia mai proposto un criterio definitivo per capire se, una volta giunti all'interno di una nuova formazione, questa si possa attribuire inequivocabilmente all'opera umana o meno.
Quando si cominciò a documentare il fenomeno ai suoi inizi, i maggiori esperti sostenevano che i crop circles non potevano essere opera dell'uomo perché "...sarebbe stato impossibile per degli uomini muoversi nel grano senza lasciare tracce del proprio passaggio".
In realtà nei campi si possono (e si potevano!) notare dei sentieri rettilinei, senza spighe, lasciati dal passaggio dei trattori durante la semina (in inglese tramlines). Sfruttando questi sentieri si può arrivare tranquillamente all'interno dei campi senza lasciare tracce. La cosa sorprendente è che gli stessi esperti suggerivano sempre ai curiosi di seguire questi sentieri per non rovinare le formazioni!
Oggi siamo a conoscenza di parecchie formazioni palesemente realizzate dall'uomo in cui non ci sono tracce evidenti di passaggio umano, come continuare quindi a sostenere la presenza di un intervento "non umano" nei campi?
A partire dai primi anni novanta fa la sua comparsa il concetto di "anomalia" che storicamente prende il posto dell'argomentazione relativa alla "mancanza di tracce umane di ingresso al campo" oggi non più citata da nessuno.
Mosche morte: l'anomalia probante?
Il 3 giugno del 2002 giunge una e-mail alla redazione del CICAP firmata da "Osservatori quasi anonimi" con il seguente messaggio: "Egregi signori, Ci domandiamo con che coraggio paragoniate il vostro sgorbio di cerchio (o anche quelli EVIDENTEMENTE effettuati da contraffattori) con la perfezione, le mosche morte le mutazioni nella germinazione e molto altro ancora degli originali. [...]" Gli "Osservatori quasi anonimi", da quanto scrivono, sembrano saper distinguere inequivocabilmente i crop circles "genuini" da quelli realizzati dagli uomini.
Il primo criterio che invocano è la "perfezione" mettendolo in contrapposizione alla "imperfezione" della formazione realizzata dal CICAP documentata in un articolo apparso sulla rivista Focus del luglio 1999; il secondo criterio invocato è rappresentato dalle "mosche morte". Vengono inoltre citate "mutazioni della germinazione" e altri criteri che distinguerebbero i crop circles contraffatti da quelli originali.
La bizzarra citazione alle mosche morte non può che attirare l'attenzione ed è facile intuire che questa caratteristica debba essere inquadrata come "anomalia", segno probabilmente distintivo della presenza di un intervento di qualcosa di misterioso che agisce nei campi, appiattisce gli steli e in maniera collaterale è in grado di uccidere le mosche. Sarebbe quindi quella delle mosche morte l'anomalia probante?
La prima fonte
"Il 17 luglio 1998, la ricercatrice olandese Janet Ossebaard si trovò di fronte a un nuovo mistero collegato ai cerchi nel grano: numerose mosche morte erano attaccate ai semi delle piante di grano che si trovavano all'interno di un cerchio. [...] Gli insetti avevano il rostro saldamente attaccato alle spighe, e le zampe e le ali completamente distese come in preda a uno spasmo. [...] Alcune mosche erano letteralmente esplose: zampe, parti del corpo, ali e teste erano sparse sulle spighe [...]. Altre mosche si trovavano comunque in perfetto stato e davano l'impressione che potessero volare via da un momento all'altro. Un controllo più approfondito rivelò tuttavia che la maggior parte di loro era indubbiamente morta. Alcune di queste sebbene attaccate alle spighe proprio come le altre, erano ancora vive ma pesantemente tramortite. Dopo essere state liberate dalle piante si ripresero e volarono via passati pochi minuti. Sorpresa da ciò che aveva scoperto, Janet raccolse alcuni degli insetti morti e li inviò a un esperto del Museo di Storia Naturale di Londra. Egli sospettò inizialmente che la morte degli insetti fosse da imputarsi agli effetti di un fungo (Entomophtora muscae) ma dopo studi più approfonditi questa causa fu esclusa. Un fenomeno del genere non si era mai visto prima, e non si poté formulare nessuna soluzione soddisfacente."
Questo è quanto riporta Eltjo Haselhoff, dottore in Fisica teorica e sperimentale, nel suo libro La natura complessa dei cerchi nel grano (Natrix Edition) al paragrafo dal titolo "L'enigma delle mosche morte".
Fig. 1: mosche morte fotografate in un crop circle (© Janet Ossebaard)
Effettivamente la testimonianza di Janet Ossebaard è abbastanza inquietante, sembrerebbe che delle energie misteriose uccidano e facciano esplodere le mosche durante la creazione dei crop circles. Haselhoff però non riporta nel libro la foto del - così egli scrive - "cerchio" (forse gli "Osservatori quasi anonimi" aggiungerebbero anche l'aggettivo "perfetto") delle mosche morte, né riporta la località in cui sarebbe apparso questo "cerchio" ed è con queste stranissime premesse che la mia indagine ha ufficialmente inizio.
Bellezza e perfezione implicano "genuinità"?
Una prima ricerca mi porta ad identificare l'articolo originale scritto da Janet Ossebaard[2] dal titolo: "The Dead Flies Mystery". Nell'articolo è possibile leggere il resoconto originale e osservare (con grande stupore) il "cerchio perfetto" in cui questa bizzarra anomalia è stata documentata. La località della formazione è Cherhill nello Wiltshire in Inghilterra e la seguente figura mostra l'immagine che è possibile vedere all'indirizzo internet: http://home.clara.net/lucypringle/photos/1998/uk98cm.html
Fig. 2: crop circle delle mosche morte (© Lucy Pringle)
Deduco che evidentemente non tutti i ricercatori esperti sui crop circles concordano con le esternazioni inviate dagli "Osservatori quasi anonimi" al CICAP, infatti in questo caso lo "sgorbio" è proprio il cerchio delle mosche morte, ed è altresì chiaro che gli "Osservatori quasi anonimi" non avevano mai osservato la "perfezione" di questa formazione da loro ritenuta evidentemente genuina, altrimenti non avrebbero commesso tale gaffe. La letteratura sui crop circles sembra inoltre non riportare dei casi precedenti su mosche morte documentati nella maniera dettagliata come nella descrizione di Janet Ossebaard e decido comunque di proseguire l'indagine. Che pista seguire?
Unico indizio: Entomophthora muscae
Riprendendo il paragrafo del libro di Haselhoff decido di esplorare l'unica pista a mia disposizione, e cioè la misteriosa citazione al fungo Entomophthora muscae. Che cosa sono i funghi? Per non complicare troppo le cose si può dire che i funghi sono organismi sicuramente più complessi dei batteri, assimilabili alle piante ma che al contrario delle piante non sono in grado di sintetizzare la clorofilla e pertanto devono procurarsi il nutrimento da altre forme di vita.
Solitamente quindi i funghi si cibano di organismi morti, ma talvolta attaccano e distruggono organismi ancora vivi. I funghi sono stati classificati durante il loro studio in diverse specie, e risale al 1855 l'identificazione della prima specie di fungo in grado di attaccare e distruggere mosche domestiche vive e altre specie di mosche, il suo nome è: Entomophthora muscae.
Tutti i funghi definiti come entomophthora hanno la caratteristica comune di distruggere gli insetti che attaccano, infatti la parola entomophthora deriva dalla composizione di due parole greche: éntomon (insetto) [da éntomon (zôion), propriamente "(animale) tagliato all'interno" (entémnein "intagliare"), cioè "dal corpo diviso in segmenti"] e phtora (distruzione) [da phteiro, distruggere].
Ma come si comporta esattamente il fungo Entomophthora muscae nei confronti delle mosche?
Altre testimonianze di mosche morte misteriosamente
Tramite internet mi è stato possibile trovare testimonianze di altre persone che si sono imbattute in mosche morte in modo misterioso, e che hanno riportato la loro perplessità in rete; ecco la prima.
Darin Burleigh il 14 Agosto del 1997 invia una comunicazione dal titolo "Mosche incollate su foglie" ("Flies stuck on leaves") al newsgroup sci.bio.entomology.misc: "Mi sono imbattuto l'altro giorno in un fenomeno molto curioso, nella riserva forestale Kishwaukee, Winnebage County, IL (vicino Rockford). Centinaia di mosche (assomiglianti ad api, e di cui non conosco la specie) erano incollate ai bordi delle foglie. Completamente incollate. Come se si fossero tutte posate intorno e immediatamente fossero state incollate lì. Erano tutte morte. Alcune di loro erano incollate in gruppi".
Una delle risposte giunge da parte di Kathie T. Hodge il 17 Agosto 1997: "Sembra un'infezione epizootica da fungo, molto probabilmente causata da Entomophthora muscae oppure da un fungo affine. Causa spesso eventi mortali abbastanza spettacolari come quello che tu descrivi. L' Entomophthora muscae infetta le mosche quando le spore si posano su di esse, quindi germinano e crescono attraverso la cuticola. Il fungo quindi prolifera all'interno della mosca, sostanzialmente divorandola dall'interno. Le mosche infette spesso si portano in posizione elevata prima di morire e rimangono incollate [tramite il rostro, NdA.] dalla fuoriuscita del fungo. Si pensa per facilitare la dispersione del fungo, il quale produce spore che vengono espulse con forza. Le strutture che producono le spore emergono dai segmenti addominali dopo la morte, "sparano" le loro spore, e quindi collassano in maniera tale che nei campioni più vecchi è qualche volta difficile vedere l'evidenza del fungo, e le mosche morte sembrano stranamente normali, tranne per il fatto che sono morte e incollate sul loro substrato! [...]"
La seconda testimonianza che riporto è di Jim Ogilvie che il 18 Novembre del 1994 invia una comunicazione dal titolo "Mosche domestiche" ("House flys") al newsgroup sci.bio.entomology.lepidoptera: "[...] Ho notato che in inverno si trovano molte mosche morte intorno alla casa. Sembrano essersi posate, morte e incollate lì. Quando muoiono su una finestra si vede sempre uno spruzzo di 'materiale' sul vetro sotto la mosca. Sembra che dopo la morte della mosca, la sua forza vitale l'abbia lasciata e si sia spiaccicata sul vetro. Ma che succede?"
Fra le varie risposte che Jim riceve, leggiamo attentamente quella inviata da Stuart Krasnoff il 21 Novembre 1994: "La tua è la descrizione di mosche morte a causa di un'infezione da Entomophthora muscae. La mosca si infetta quando una spora del fungo viene a contatto con il suo corpo. Il fungo penetra nell'addome della mosca, prolifera all'interno della mosca, e, subito dopo la morte della mosca, fuoriesce dall'insetto morto producendo spore che vengono espulse a "doccia" e il cui risultato è l'alone bianco che vedi intorno all'insetto morto sul vetro della finestra. Tipicamente la mosca muore in una posizione elevata incollata con il suo rostro al substrato su cui si posa, con le zampe ben distese, le ali sollevate e l'addome inclinato verso l'alto".
Il puzzle cominciare a prendere forma, ma a questo punto è il caso di addentrarsi in maniera più rigorosa nello studio di questo misterioso fungo che risponde al nome di Entomophthora muscae.
Entomophthora muscae: fasi e dettagli
L'evoluzione dell'attacco da Entomophthora muscae è stato suddiviso dagli entomologi in sei fasi ben definite[3]:
Fase dell'infezione
L'infezione avviene attraverso i tegumenti dell'insetto, cioè in maniera sottocutanea. Un conidio (cioè una cellula che si stacca dal corpo vegetativo del fungo per dare origine a un nuovo individuo) a contatto con la cuticola dell'insetto germina e perfora la cuticola stessa attraverso un'azione enzimatica.
Fase lipolitica e sviluppo localizzato (relativamente al punto di infezione) nel grasso del corpo dell'ospite.
Dopo la penetrazione nell'organismo ospite il fungo dapprima cresce lentamente e non si diffonde nel corpo dell'insetto. Durante questa fase il fungo secerne lipasi molto attive che digeriscono i grassi della mosca.
Colonizzazione del corpo dell'ospite attraverso la generalizzazione dell'infezione
Il fungo si diffonde molto rapidamente nel corpo dell'ospite a causa della rapida proliferazione di numerose ife (filamenti, unicellulari o pluricellulari, che compongono il corpo dei funghi superiori). Come risultato, il fungo penetra in tutte le parti del corpo (addome, torace, e testa) indipendentemente dal sito dell'infezione. Durante questa fase il fungo utilizza i nutrienti che erano stati accumulati durante la fase precedente senza digerire i tessuti dell'ospite.
Fase proteolitica
Dopo la colonizzazione dell'intero corpo dell'ospite o almeno del suo addome, il fungo secerne enzimi proteolitici molto attivi; penetra nei muscoli e negli altri tessuti dell'insetto e rapidamente distrugge l'intero contenuto del suo corpo. Alla fine di questa fase, i contenuti del corpo dell'ospite sono trasformati in un fluido bianco-latte, una sospensione di particelle di grassi e ife del fungo. In questa fase il corpo dell'insetto infetto è come un sacchetto dalle pareti sottili pieno di liquido, quindi soffice e molle.
Mummificazione del corpo dell'ospite
Dopo la fase proteolitica, i corpi ifali del fungo in sospensione nel fluido del corpo dell'ospite rapidamente assorbono il liquido che li circonda e crescono velocemente fino a formare un reticolato spugnoso. La consistenza del corpo cambia da molle a rigida. Alla fine di questa fase le parti infette del corpo dell'ospite si rigonfiano fortemente a causa della pressione della massa del micelio del parassita; ogni parte dell'insetto si estende e si espande.
Sporulazione
Questa fase termina con la perforazione dei tegumenti e la fuoriuscita delle ife del fungo, le quali crescono esternamente fino ad arrivare all'esplosione finale delle spore che finiscono per formare uno "spruzzo", un alone di "materiale biancastro" sul substrato sul quale la mosca era morta.
Fig. 3: mosca "esplosa" al termine della fase di sporulazione (© Thomas J. Volk) (immagine tratta dal link: http://botit.botany.wisc.edu/toms_fungi/mar2000.html)
Le mosche infette da Entomophthora muscae tipicamente muoiono in posizioni elevate, con il rostro esteso e incollato al substrato, le zampe distese, l'addome inclinato rispetto al substrato e le ali ben sollevate al di sopra della linea del torace. Questa particolare posizione favorisce due atteggiamenti nelle mosche non ancora infette, dal momento che la mosca morta sembra che si stia cibando o che voglia copulare.
Pertanto le mosche non infette si avvicinano alla mosca morta e si infettano a loro volta perché sono attratte dal cibo o perché sono attirate sessualmente. Un ulteriore particolare interessante è che gli insetti non ancora morti sono facilmente catturabili e se liberati dal substrato e sottoposti a stimoli riescono ancora ad effettuare qualche azione tipica della loro specie, come "volare" nel caso si tratti di mosche o ad esempio "saltare" nel caso si tratti di locuste. I ricercatori Krasnoff, Watson e Gibson del dipartimento di entomologia della "Cornell University" di Ithaca (NY) hanno inoltre videoregistrato e analizzato il comportamento delle mosche prima e dopo l'istante della morte, evidenziando quattro eventi caratteristici[4]:
ultimo movimento locomotorio
ultima estensione del rostro verso il substrato
inizio del movimento delle ali verso l'alto
fine del movimento delle ali verso l'alto.
Questa analisi ha mostrato che la sequenza è cronologicamente ben definita e fortemente stereotipata. Il tempo medio tra l'ultimo movimento locomotorio e la fine del movimento delle ali verso l'alto è di 85 minuti, il tempo medio tra l'inizio del movimento delle ali verso l'alto e la fine del movimento delle ali verso l'alto è di 15 minuti.
Un clamoroso colpo di scena
La fortuna aiuta gli audaci, si sa, e - aggiungerei io - aiuta soprattutto chi ha gli occhi giusti per guardare quello che osserva. Al ritorno dalle vacanze natalizie (gennaio 2003) con mio grandissimo stupore ho trovato una mosca morta attaccata all'interno dell'anta della porta-finestra della camera da letto. La mosca aveva il rostro incollato, le ali distese e "qualcosa" dal colore biancastro che fuoriusciva dall'addome, in pratica tutti i sintomi di una morte da Entomophthora muscae.
Grazie al prezioso aiuto di Marco Morocutti, Progettista elettronico e socio effettivo del CICAP, ho provveduto a documentare il ritrovamento con diverse foto di dettaglio in cui è possibile vedere chiaramente il rostro della mosca proteso e incollato all'anta tramite particelle del fungo, il corpo e le ali disposte come da manuale e il fungo che fuoriesce dall'addome.
Fig. 4: particolare del rostro incollato al substrato (© CICAP)
Ho staccato la mosca dal substrato e l'ho posizionata in un contenitore sterile portandola al dipartimento di micologia dell'Università di Pavia per un'analisi più approfondita; degli esiti racconterò più avanti.
Fig. 5: particolare del fungo che fuoriesce dall'addome della mosca. Notare le ali sollevate (© CICAP)
Contatti con Janet Ossebaard e Bert Janssen
A questo punto dell'indagine ho contattato direttamente Janet Ossebaard, la più importante testimone della vicenda, per chiederle esplicitamente gli esiti di laboratorio, citati da Haselhoff nel suo libro, in cui si sarebbe esclusa l' Entomophthora muscae come causa naturale per la morte delle mosche. Janet mi ha risposto molto gentilmente comunicandomi che i referti non erano in suo possesso, ma che dovevano essere fra il materiale lasciato al collega Bert Janssen, anch'egli ricercatore sui crop circles. Janet mi ha comunque inviato le fotografie che aveva scattato nel 1998 e in particolare una di esse si è rivelata particolarmente interessante.
Ho contattato quindi Bert Janssen. Anch'egli mi ha risposto gentilmente, riferendomi che effettivamente i referti erano in suo possesso ma purtroppo stipati in qualche pacco dell'ultimo trasloco e quindi non facilmente reperibili.
Ho chiesto quindi a Bert se gli fosse possibile citare a memoria che cosa fosse scritto nel referto del laboratorio britannico, e la risposta è stata sostanzialmente questa: "le mosche erano parzialmente coperte da un qualche tipo di sostanza bianca che indicò che la causa della morte fosse un fungo. Ma la sostanza bianca fece anche sospettare una morte da pesticida. Risultò che nessuna di queste due cause fu responsabile della morte delle mosche.
Non furono trovati resti di pesticida e se le mosche fossero state uccise da un fungo, si sarebbe dovuto trovare un qualche indicatore che in realtà era mancante e pertanto la loro morte non poteva essere addebitata al fungo". È interessante quindi scoprire che "le mosche erano parzialmente coperte da un qualche tipo di sostanza bianca" poiché questo particolare, a mio avviso cruciale, da nessuna parte era comparso prima, ed è altresì interessante scoprire che mancasse, secondo la testimonianza di Bert, l'indicatore del fungo.
L'indicatore mancante e la foto probante
Ho lasciato indietro la questione degli esiti micologici della mosca da me ritrovata e lasciata da analizzare, poiché questi esiti hanno rappresentato un ulteriore colpo di scena in questa vicenda.
Ma in che cosa consistono queste analisi? L'obiettivo è eseguire una coltura "in vitro" del fungo che fuoriesce dall'addome dell'insetto, raccogliendo così un campione del fungo stesso e depositandolo su un terreno di coltura. Si attende la crescita del fungo e si analizza al microscopio il risultato; quello che ci si aspetta è quindi la crescita dell' Entomophthora muscae, cioè l' indicatore atteso per usare la terminologia di Bert.
Dunque, le analisi durate ben più di due mesi sulla mosca da me ritrovata hanno evidenziato solo due funghi specifici: Alternaria e Cladosporium. Ma nessuna traccia di Entomophthora muscae, come è possibile ciò?
Mi è stato spiegato che una volta morta la mosca a causa del fungo Entomophthora muscae, quest'ultima può essere colonizzata da altri funghi che normalmente non sono in grado di attaccare insetti vivi. In questo tipo di circostanze quindi l' Entomophthora muscae può non manifestarsi così facilmente "in vitro" (a questo va aggiunto inoltre che è un fungo particolarmente difficile da coltivare "in vitro"). Anche nel mio caso quindi l'indicatore atteso è risultato mancante, ma ciò non ha portato a trarre alcuna conclusione misteriosa; semplicemente il fungo Entomophthora muscae non si è manifestato in coltura ma è sicuramente stato la causa della morte di quella mosca essendo presenti tutti i sintomi legati alla sua infezione.
Ad ogni modo il tentativo di ottenere delle colture di Entomophthora muscae non si è interrotto e proseguirà ancora. L'infezione è anche ben evidente in una delle foto inviatemi da Janet in cui è possibile notare chiaramente l'addome della mosca rigonfio e striato a causa del fungo.
Fig 6: in evidenza l'addome gonfio e striato a causa del fungo e le ali sollevate (© Janet Ossebaard)
Ad uno sguardo più attento è poi possibile percepire che le mosche fotografate da Janet non sono "mosche domestiche". Una ricerca più approfondita mi ha consentito inoltre di ricostruire che le mosche in questione dovrebbero appartenere alla grande famiglia delle Anthomyiidae, le cui larve attaccano semi o radici creando potenziali danni per l'agricoltura. Su internet è possibile trovare numerosi riferimenti in cui si cerca di tranquillizzare giardinieri e agricoltori che si allarmano quando trovano questo tipo di mosche con il rostro attaccato agli steli dal momento che sembrano danneggiare la pianta perché "intente" a nutrirsi della linfa.
Sbatti la mosca nel microonde
Ad una lettura attenta dell'opera di Haselhoff, è possibile cogliere che egli ha un certo interesse nel riportare nel proprio libro il ritrovamento di Janet anche e soprattutto perché la presunta "esplosione delle mosche" è importante per supportare l'obiettivo verso cui egli vuole condurre il lettore, e cioè che BOL ("Balls Of Light" ovvero "Sfere di Luce") siano all'opera sui campi mentre avverrebbe la formazione dei crop circles "genuini"; egli è altresì convinto che le BOL irraggino gli steli producendo allungamenti "anomali" nei nodi degli steli e "cavità di espulsione".
Le "cavità di espulsione" sarebbero rappresentate da fori in corrispondenza dei nodi, come se lì fosse avvenuta una piccola esplosione (ecco l'analogia con le mosche esplose) a seguito di un forte e repentino riscaldamento delle spighe dovuto all'irraggiamento della BOL. Haselhoff in realtà nei suoi studi riprende i dati e gli studi del biofisico William C. Levengood secondo il quale invece tutti questi fenomeni dipenderebbero solo da microonde originatesi questa volta da altrettanto misteriosi e immaginari "vortici di plasma".
Haselhoff però non è così determinato come Levengood nel parlare esclusivamente di microonde, lasciando quindi aperta la porta della presunta emissione di onde elettromagnetiche a tutto lo spettro di frequenze possibile. Ad ogni modo tutto questo ha contribuito a far entrare nell'immaginario collettivo il concetto che "onde elettromagnetiche generiche", o microonde siano coinvolte durante la formazione dei crop circles.
Per verificare quindi se le microonde possano far esplodere le mosche, ho effettuato una sperimentazione pratica. Ho catturato diverse mosche e ho posizionato ciascuna mosca all'interno di piccoli recipienti di vetro con tappo realizzato tramite plastica sottile per alimenti.
Facendo uso del mio forno a microonde "Whirlpool MT263" ho impostato una potenza di 650 Watt e un tempo massimo di irradiazione di 40 secondi con piatto rotante. Ogni 10 secondi ho effettuato un controllo per verificare lo stato della mosca. Le conclusioni sono assolutamente chiare e ripetibili:
- la morte avviene solitamente nei primi 20 secondi
- le mosche non esplodono
- il rostro non si allunga e né si incolla
- le ali non si sollevano
Fig 7: mosca irraggiata nel forno a microonde. Notare il rostro non allungato e le ali in posizione di riposo (© CICAP)
Le mosche quindi non esplodono come pop-corn all'interno dei forni a microonde ma nel frattempo la leggenda si è già tramutata, le mosche sono diventate più genericamente "insetti" (lo riporta nella prefazione dello stesso libro di Haselhoff anche il sociologo Roberto Pinotti) e l'esplosione in alcuni casi è addirittura diventata "implosione".
Conclusioni
Al momento della stesura di questo articolo è quasi trascorso un anno dall'inizio dell'indagine, e benché già solo dopo qualche settimana, avendo studiato il trattato sull' Entomophthora muscae[3] mi fosse perfettamente chiara la causa più plausibile della morte delle mosche della formazione di Cherhill del Luglio 1998, ho dovuto seguire ancora diverse strade per completare l'intero puzzle della vicenda.
Il mondo del paranormale, dell'ufologia, e di chi scrive di argomenti come i crop circles è costantemente infarcito di "ipotesi di lavoro", condizionali e congiuntivi che lasciano sempre aperta la porta al mistero.
Contrariamente al numero di articoli e argomenti presentati, ben di rado è possibile leggere lavori che scavino sufficientemente in profondità e che vadano oltre i classici pochi ingredienti che riescono immancabilmente a sedurre il lettore già ben predisposto al mistero fine a sé stesso oppure alternativamente alla spiegazione di un mistero con un nuovo mistero.
Con questa mia indagine, invece, ho cercato di scandagliare il più possibile in profondità un argomento ben specifico con un obiettivo ben preciso, e cioè fare maggiore chiarezza possibile. Spero di essere riuscito a trasmettere correttamente lo spirito e i risultati di questa mia indagine. Sarebbe interessante dedicare dello spazio alle considerazioni critiche sui risultati ottenuti, sul metodo e sui tempi con cui sono stati ottenuti ma forse è più opportuno lasciare tutto questo all'intelligenza del lettore.
Francesco Grassi Ingegnere Segretario CICAP Lombardia
Note e Bibliografia
1) Speciale "cerchi nel grano" del CICAP: http://www.cicap.org/crops
2) http://www.fgk.org/98/Berichte/Flies/
3) Phylogenesis and taxonomic structure of the entomophthoraceae (Andrzej Batko)
4) "Behavioral effects of the entomopathogenic fungus, Entomophthora muscae on its host Musca domestica: Postural control of dying hosts and gated pattern of mortality". Journal of Insect Physiology 41:895-903 (Krasnoff, S.B., Watson, D.W., Gibson, D.M., and Kwan, E.C. 1995).
Questo articolo è stato pubblicato nel volume contenente gli atti del VII e VIII Convegno Nazionale del CICAP (Reggio Emilia 2001 - Torino 2003)